allergie alimentL e intolleranze alimentari sono disconosciute e pericolosamente sottovalutate ma per capire di cosa stiamo parlando, occorre innanzitutto distinguerle dalle allergie. Le allergie alimentari sono rappresentate da reazioni immunitarie immediate, legate ad un particolare tipo di anticorpi (IgE). La reazione di tipo allergico verso un cibo è ‘esplosiva’: si manifesta immediatamente dopo l’ingestione dell’alimento, con sintomi quali vomito, diarrea, orticaria, fino, in rari casi, a shock anafilattico. L’alimento che scatena la risposta allergica è diverso da persona a persona e questo dipende dalle predisposizioni genetiche e dalla capacità personale di tolleranza immunitaria. Anche se non si può “guarire” da un’allergia, è possibile modulare la risposta allergica individuale. Con il termine “intolleranza alimentare”, invece, si identifica un gruppo molto eterogeneo (e molto discusso) di reazioni avverse al cibo. Possiamo includere in questo gruppo deficit enzimatici, come ad esempio l’intolleranza al lattosio, in cui il deficit di lattasi crea una digestione difficoltosa dello zucchero del latte; oppure intolleranze geneticamente predeterminate, come la celiachia (intolleranza al glutine). Esistono anche intolleranze alimentari dovute ad una somiglianza molecolare tra pollini–inalanti e certi alimenti, le cosiddette “crociature”. L’ingestione di alimenti crociati può causare o potenziare una reazione allergica (un esempio è la crociatura tra le muffe e i lieviti). A parte queste tipologie ben definite (anch’esse ad oggi non recuperabili), esistono situazioni di intolleranza alimentare il cui meccanismo molecolare scatenante deve ancora essere del tutto chiarito. Sono dovute a una risposta immunitaria di tipo ritardato, legata alla produzione di altri tipi di anticorpi e a meccanismi immunitari di tipo cellulare. Il nostro limite: la soglia di tolleranza Un fattore in ogni caso comune a tutti i tipi di intolleranze è il concetto della soglia di tolleranza: per avere la sintomatologia è necessario superare una quantità minima tollerata, spesso con assunzioni ripetute in 2 o 3 giorni consecutivi. Normalmente, il nostro sistema immunitario è  predisposto per la tolleranza verso tutti gli alimenti, possiamo pensare che, se la natura ci ha reso eterotrofi, ovvero  organismi incapaci di sintetizzare autonomamente tutte le sostanze nutritive e quindi legati al cibo per la sopravvivenza, ci deve aver dotato anche della piena capacità di digerire e assorbire tali sostanze, indispensabili alla nostra vita. In questo senso la tolleranza al cibo è una condizione normale e fisiologica, che si instaura dopo la nascita con lo svezzamento e dura tutta la vita. Le cause delle nostre intolleranze Cosa altera quindi questo accordo tacito tra l’interno (sistema immunitario) e l’esterno (alimenti) del corpo, tanto che si arriva a stare male mangiando anche il più comune degli alimenti? Le ipotesi sono molte: un’alterazione della permeabilità intestinale (leaky gut syndrome), la presenza di contaminanti e sostanze estranee nei cibi (pesticidi, metalli pesanti, additivi), alimenti OGM, farmaci, probabilmente tutti coinvolti in misura diversa, nella nascita di intolleranza. Qualunque sia la causa, l’ingestione di un alimento non tollerato, origina una reazione infiammatoria che parte dall’intestino e si diffonde in tutto il corpo. intolleranzePer questo i sintomi possono essere tanto legati all’apparato digerente (diarrea, costipazione, gonfiore, colon irritabile), quanto diffusi in altri distretti (dolori, mal di testa, irritabilità, stanchezza ricorrente, torpore mentale, sinusiti, eruzioni cutanee, edemi, infezioni ricorrenti, alterazioni metaboliche). Per identificare un’eventuale intolleranza alimentare, è importante rivolgersi a professionisti adeguatamente preparati ed eventualmente effettuare dei test affidabili e scientificamente validati. Non aboliamo i cibi nemici Ma attenzione, una volta riconosciuto il gruppo alimentare non tollerato, la soluzione non è la sua esclusione completa. È rischioso privare il nostro corpo per sempre di un alimento, meglio infatti non ingerirlo in certi giorni e reintrodurlo a poco a poco secondo un protocollo alimentare ben preciso, mirato al recupero della tolleranza. Con questa modalità si può ottenere la remissione dei sintomi e la reintroduzione dei cibi ‘incriminati’ nella dieta quotidiana. Quanto consigliato, non vale per la celiachia che richiede invece esclusione del glutine a vita.